Madonna é processada por uso indevido de hit em single de 1990

Por - 13/07/12 às 13:32

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Madonna está sendo processada pela VMG Salsoul. A gravadora alega que a pop star usou um trecho de um de seus hits no single Vogue, de 1990. A VMG acusa Madge de usar trechos de seu hit Chicago Bus Stop sem se preocupar de pagar os direitos autorais. Segundo a ação, Madonna lucrou ilegalmente com a utilização do trecho de sua música.

Mas por que esperar 22 anos para mover a ação?

A gravadora alega que o trecho utilizado não era facilmente reconhecível e isso só foi possível agora pelo avanço da tecnologia.

+ MADONNA AJUDA FÃ A PEDIR O NAMORADA EM CASAMENTO. VEJA O VÍDEO

A VMG processa Madonna por violação de direitos autorais e pede indenização por perdas e danos. O valor não foi divulgado.

A empresa informou em comunicado.

"O trecho foi deliberadamente escondido por Madonna dentro de Vogue para evitar o reconhecimento. Foi só quando a VMG analisou o trecho com novas tecnologias que pôde confirmar a suspeita."

Madge está em turnê no momento, promovendo seu álbum MDNA.da Storia sociale
dell’arte
di Arnold Hauser
Storia dell’arte Einaudi 1
Edizione di riferimento:
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte. Volume secondo.
Rinascimento. Manierismo. Barocco, trad. it.
di Anna Bovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e
1987
Titolo originale:
Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck,
München
Storia dell’arte Einaudi 2
Indice
Storia dell’arte Einaudi 3
IL RINASCIMENTO
I. Il concetto di Rinascimento 4
II. Pubblico di corte e pubblico borghese
nel Quattrocento 18
III. La posizione sociale dell’artista
nel Rinascimento 56
il rinascimento
Capitolo primo
Il concetto di Rinascimento
Quanto di arbitrario ci sia nell’uso di dividere il
Medioevo dall’età moderna e quanto fluido sia il concetto
di Rinascimento, lo si avverte soprattutto nella difficoltà
che si incontra nell’inserire nell’una o nell’altra
categoria personalità come Petrarca e Boccaccio, Gentile
da Fabriano e il Pisanello, Jean Fouquet e Jan van
Eyck. Se si vuole, Dante e Giotto appartengono già al
Rinascimento, Shakespeare e Molière, ancora al Medioevo.
Né si può metter senz’altro da parte l’opinione che
la vera e propria svolta si compia solo nel Settecento e
l’età moderna cominci con l’Illuminismo, l’idea del progresso
e l’industrializzazione1. Converrà piuttosto anticipare
questa fondamentale cesura situandola fra la
prima e la seconda metà del Medioevo, cioè alla fine del
secolo xii, quando rinasce l’economia monetaria, sorgono
le nuove città e la moderna borghesia acquista i suoi
caratteristici lineamenti: in nessun modo comunque sarà
da porre nel Quattrocento, epoca in cui molte cose giungono
a maturazione, ma non comincia quasi nulla di
nuovo. La nostra concezione naturalistica e scientifica
è in sostanza una creazione del Rinascimento, ma il
primo impulso a quel nuovo orientamento, nel quale
questa nuova concezione ha la sua radice, è stato dato
dal nominalismo medievale. L’interesse per l’individualità,
la ricerca della legge naturale, il senso della fedeltà
alla natura nell’arte e nella letteratura non cominciano
Storia dell’arte Einaudi 4
affatto con il Rinascimento. Il naturalismo quattrocentesco
non fa che continuare il naturalismo gotico, in cui
già è manifesta l’interpretazione individuale delle cose
individuali. E se gli apologeti del Rinascimento vogliono
vederne un preannuncio o una prefigurazione in tutto
quanto nel Medioevo è spontaneo, progressivo e personale,
se per il Burckhardt già la poesia dei vagantes è una
prima manifestazione rinascimentale, e Walter Pater
scorge un’espressione del Rinascimento in un’opera
ancor cosí intimamente medievale come il chante-fable
di Aucassin et Nicolette, questo modo di interpretare
non fa che mettere in luce, sia pure dal lato opposto,
l’intima connessione e continuità esistenti fra Medioevo
e Rinascimento.
Nel suo quadro del Rinascimento, il Burckhardt insiste
soprattutto sul naturalismo e indica nel volgersi alla
realtà empirica, nella «scoperta del mondo e dell’uomo»
l’elemento essenziale della «rinascita». Cosí egli, come
i piú dei suoi seguaci, non ha visto che nell’arte rinascimentale
non il naturalismo in sé e per sé era nuovo,
bensí solo il suo aspetto scientifico, metodico, integrale;
che non l’osservazione e l’analisi della realtà superavano
i concetti medievali, ma solo la coerente consapevolezza
con cui il dato empirico era registrato e analizzato;
che il fatto rilevante del Rinascimento è stato
insomma non che l’artista sia diventato un osservatore
della natura, bensí che l’opera d’arte sia diventata uno
«studio della natura». Il naturalismo gotico comincia
quando le rappresentazioni dell’arte cessano di essere
esclusivamente simboli e acquistano senso e valore
anche senza un preciso rapporto con la realtà trascendente,
come pure riproduzioni delle cose terrene. Le
sculture di Chartres e di Reims – per quanto fosse
ancora cosí palese in esse la visione oltremondana – si
distinsero dalle opere romaniche per il loro senso immanente,
separabile dalla loro significazione metafisica.
Arnold Hauser Storia sociale dell’arte
Storia dell’arte Einaudi 5
violento perverso, quale lo dipinge la storia del costume
rinascimentale; e se questo «malvagio tiranno» sia mai
stato altro che il sedimento di reminiscenze lasciato
dalle letture classiche degli umanisti12.
In questa concezione sensualistica del Rinascimento
amoralismo ed estetismo s’intrecciavano in una maniera
piú propria della psicologia ottocentesca che di quella
rinascimentale. La visione estetica del mondo, che fu
tipica dell’età romantica, non si esauriva affatto in un
culto dell’arte e dell’artista, implicava anzi una nuova
impostazione, secondo criteri estetici, di tutti i problemi
della vita. Ogni dato reale diveniva per essa il substrato
di un’esperienza artistica, e la vita stessa un’opera
d’arte, in cui ogni elemento non era che uno stimolo
per i sensi. I peccatori, i tiranni e i malvagi del Rinascimento
apparivano ad essa come grandi, pittoresche,
impressionanti figure, protagonisti adatti al colorito
sfondo dell’epoca. Quella generazione che, ebbra di bellezza
e avida di morte, voleva morire «incoronata di
pampini», era ben pronta e disposta a perdonare ogni
cosa di un’epoca che si avvolgeva nell’oro e nella porpora,
trasformava la vita in una splendida festa, e in cui,
come si pretendeva, anche il semplice popolo si entusiasmava
per le piú squisite opere d’arte. La realtà storica
corrispondeva ben poco a questo sogno d’esteti, e
ancor meno all’immagine del superuomo in figura di
tiranno. Il Rinascimento fu duro e freddo, pratico e
tutt’altro che romantico; anche sotto questo rispetto
non differiva troppo dal tardo Medioevo.
I caratteri che l’individualismo liberale e l’estetismo
sensualistico hanno attribuito al Rinascimento, in parte
non gli si adattano affatto, in parte convengono anche
al tardo Medioevo. Pare che il limite sia qui piuttosto
geografico e nazionale che storico. Nei casi discutibili
– ad esempio, quelli del Pisanello e dei van Eyck – si
riferiranno al Rinascimento i fenomeni del Sud, al
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Storia dell’arte Einaudi 6
Medioevo quelli del Settentrione. Le spaziose rappresentazioni
dell’arte italiana, con il libero movimento
delle loro figure pur nell’impianto unitario della costruzione,
appaiono rinascimentali; l’angustia spaziale della
pittura fiamminga, le sue figure timide, un po’ goffe, i
suoi accessori meticolosamente accumulati, la sua leggiadra
tecnica militaristica, danno invece senz’altro
l’impressione di qualcosa di medievale. Ma se anche qui
si può concedere un certo peso ai fattori costanti dello
sviluppo, cioè al carattere etnico e nazionale dei gruppi
che guidano la cultura, non si dovrebbe dimenticare
che l’ammissione di un fattore di questo genere significa
in sostanza una rinunzia al proprio ufficio di storici:
ed è rinuncia questa cui si deve consentire piú
tardi possibile. Per lo piú si scopre infatti che tali fattori
presunti costanti non sono che sedimentazioni di
certi stadi dello sviluppo storico, o il frettoloso surrogato
di condizioni storiche che non si sono indagate, ma
che sono perfettamente indagabili. Comunque, il carattere
individuale delle razze e delle nazioni ha nelle singole
epoche della storia un significato di volta in volta
diverso. Nel Medioevo è insignificante, poiché in quell’epoca
la grande collettività cristiana è cosa ben piú
reale che non l’individualità dei singoli popoli. Ma sul
finire del Medioevo, al feudalesimo, comune a tutto
l’Occidente, e alla cavalleria internazionale, alla Chiesa
universale e alla sua cultura unitaria, subentrano la
borghesia nazionale con il suo patriottismo cittadino, le
sue forme economiche e sociali diverse da luogo a luogo,
le anguste sfere d’interessi delle città e delle province,
il particolarismo dei principati e le varietà del volgare.
Solo allora il carattere nazionale ed etnico emerge piú
decisamente come fattore distintivo; e il Rinascimento
appare come quella forma storica particolare in cui lo
spirito della nazione italiana si individua dal fondo dell’unità
culturale europea.
Arnold Hauser Storia sociale dell’arte
Storia dell’arte Einaudi 7
Col Rinascimento le cose cambiano solo nel senso che
il simbolismo metafisico svanisce del tutto e l’artista si
limita sempre piú risolutamente e coscientemente a rappresentare
il mondo sensibile. Nella misura in cui la
società e l’economia si sciolgono dalle catene della dottrina
ecclesiastica, anche l’arte si volge sempre piú libera
all’immediata realtà; ma il naturalismo non è certo
una novità del Rinascimento, cosí come non lo è l’economia
mercantile.
Fu il liberalismo ottocentesco ad affermare che il
Rinascimento ha scoperto la natura: in realtà quando
esso contrappose al Medioevo quest’epoca schietta e
amante della natura, lo fece anzitutto per polemica contro
il Romanticismo. Quando il Burckhardt sostiene che
la «scoperta del mondo e dell’uomo» è opera del Rinascimento,
la sua tesi è un attacco alla reazione romantica
e insieme una difesa contro la propaganda ch’essa
conduceva servendosi del Medioevo. La teoria dello
spontaneo naturalismo rinascimentale ha la stessa fonte
di quella che considera conquiste del Quattrocento la
lotta contro lo spirito di autorità e di gerarchia, l’ideale
della libertà di pensiero e di coscienza, l’emancipazione
dell’individuo e il principio democratico. In questo
quadro la luce dei tempi nuovi contrasta dappertutto
con le tenebre medievali.
Il rapporto di questo concetto del Rinascimento con
l’ideologia del liberalismo, appare, ancor piú chiaramente
che in Burckhardt, in Michelet; a lui si deve la
formula della «découverte du monde et de l’homme»2.
Già il modo in cui egli sceglie i suoi eroi – unendo Rabelais,
Montaigne, Shakespeare e Cervantes a Colombo,
Copernico, Lutero e Calvino3; il fatto che persino in
Brunelleschi egli veda solo il distruttore del gotico, e
consideri il Rinascimento essenzialmente come l’inizio
di quel processo evolutivo che si concluderà con la vittoria
dell’idea di libertà e ragione, mostra che ciò che
Arnold Hauser Storia sociale dell’arte
Storia dell’arte Einaudi 8
gl’importava era anzitutto trovarvi l’albero genealogico
del liberalismo. Anche per lui si trattava della lotta contro
il clericalismo e di quella lotta per il libero pensiero
che già aveva rivelato agli illuministi del secolo xviii il
loro contrasto con il Medioevo e la loro affinità con il
Rinascimento. Infatti tanto per Bayle (Dict. hist. et crit.,
IV) quanto per Voltaire (Essai sur les moeurs et l’esprit des
nations, cap. 121), il Rinascimento era indiscutibilmente
irreligioso, e tale si è continuato a considerarlo fino
ad oggi, benché in realtà fosse soltanto anticlericale,
antiscolastico, antiascetico, ma niente affatto miscredente.
Le idee sulla salvezza, sulla vita futura, sulla
redenzione, sul peccato originale, che impegnavano tutta
la vita spirituale dell’uomo medievale, diventano, sí,
«puramente secondarie» nel Rinascimento4, ma dell’assenza
di ogni sentimento religioso non si può certo parlare.
Perché «se si tenta, – come nota Ernst Walser, –
di considerare con metodo puramente induttivo la vita
e il pensiero delle personalità piú significative del Quattrocento,
come Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini,
Leonardo Bruni, Lorenzo Valla, Lorenzo il Magnifico o
Luigi Pulci, di regola si dà il caso strano che quelli che
si considerano i segni caratteristici [dell’irreligiosità del
Rinascimento] non si ritrovano nella persona studiata…
»5. Il Rinascimento non era neppur cosí ostile all’autorità,
come affermarono illuministi e liberali. Si attaccavano
i chierici, ma si risparmiava la Chiesa come istituzione,
e nella misura in cui la sua autorità si restringeva,
la si sostituiva con quella degli antichi.
Il radicalismo della concezione illuministica del Rinascimento
si acuì ancora verso la metà del secolo scorso,
per influsso delle lotte per la libertà6. La battaglia contro
la reazione ricorreva al ricordo delle repubbliche italiane
del Rinascimento e incoraggiava l’idea che il loro
splendore culturale fosse in rapporto con l’emancipazione
dei loro cittadini7. In Francia fu il giornalismo
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Storia dell’arte Einaudi 9
antinapoleonico, in Italia quello anticlericale ad aiutare
l’acuirsi e il diffondersi di questa concezione8, e ad essa
poi si attennero tanto gli storici borghesi-liberali quanto
quelli socialisti. Il Rinascimento ancor oggi si celebra
nei due campi come la grande lotta della ragione per la
libertà e come il trionfo dello spirito individuale9, mentre,
in verità, né l’idea del «libero esame» fu un portato
del Rinascimento10, né l’idea della personalità era
completamente estranea al Medioevo; l’individualismo
del Rinascimento era nuovo, non come fenomeno, ma
solo come programma cosciente, come strumento di
lotta e grido di guerra.
Nel suo concetto di Rinascimento il Burckhardt collega
l’individualismo a una visione sensuale della vita,
l’idea dell’autodeterminazione della personalità all’accentuata
protesta contro l’ascesi medievale, l’esaltazione
della natura al nuovo vangelo della gioia di vivere e
dell’«emancipazione della carne». Da questa connessione
di concetti sorge – in parte sotto l’influsso dell’immoralismo
romantico di Heinse e anticipando Nietzsche
e il suo amorale culto dell’eroe11 – l’immagine ben
nota del Rinascimento come età senza scrupoli, violenta
e gaudente, un’immagine i cui tratti libertini non
hanno veramente alcun diretto rapporto con la visione
liberale del Rinascimento, ma sarebbero inconcepibili
senza il liberalismo e l’individualismo ottocentesco.
Infatti è proprio dal disagio della morale borghese e
dalla ribellione contro di essa, che venne quella corrente
di esuberante paganesimo che trovava nella rappresentazione
degli eccessi del Rinascimento un surrogato
a piaceri mancati. In tale quadro il condottiere, con la sua
demoniaca brama di piaceri e la sua sfrenata volontà di
potenza, diventava il prototipo del peccatore irresistibile,
che nella fantasia dei moderni consumava tutte le
impossibili mostruosità del sogno borghese. Ci si è
domandato con ragione se sia esistito in realtà questo
Arnold Hauser Storia sociale dell’arte
Storia dell’arte Einaudi 10
I tratti piú caratteristici dell’arte del Quattrocento
italiano sono la libertà e scioltezza nei modi espressivi,
originali sia rispetto al Medioevo sia rispetto al Nord,
la grazia e l’eleganza, il rilievo statuario, la linea ampia,
piena di vita. Tutto vi è chiaro e sereno, ritmico e melodico.
La rigida, misurata solennità dell’arte medievale
svanisce per cedere il posto a un linguaggio libero, limpido,
ben articolato; e in confronto persino l’arte franco-
borgognona dell’epoca pare abbia «un tono fondamentalmente
fosco, un fasto barbarico, forme bizzarre
e sovraccariche»13. Con il suo vivo senso per i rapporti
semplici e grandiosi, per la misura e l’ordine, la plasticità
monumentale e la salda costruzione, il Quattrocento
anticipa – nonostante occasionali durezze e una certa
dispersione che spesso ancora non riesce a superare – i
principî stilistici del pieno Rinascimento. E proprio questa
immanenza del «classico» nel preclassico divide nettamente
le creazioni del primo Rinascimento italiano
dall’arte del tardo Medioevo e dalla contemporanea arte
del Nord. Quello «stile ideale» che unisce Giotto a Raffaello,
domina l’arte di Donatello e di Masaccio, di
Andrea del Castagno e di Piero della Francesca, di
Signorelli e del Perugino; e nessun artista italiano del
primo Rinascimento sfugge del tutto al suo influsso.
L’elemento essenziale di questa concezione artistica è il
principio dell’unità, la forza dell’effetto complessivo –
o almeno la tendenza all’unità e l’aspirazione a un effetto
unitario, pur moltiplicando forme e colori. Di fronte
alle creazioni artistiche del tardo Medioevo, un’opera
del Rinascimento par sempre una cosa di getto, nella
quale un carattere di continuità lega l’insieme, e la rappresentazione,
per quanto ricca, appare sostanzialmente
come qualcosa di semplice e di omogeneo.
La forma tipica dell’arte gotica è invece l’addizione.
Sia che l’opera consti di piú parti relativamente indipendenti,
o che di parti non si possa propriamente par-
Arnold Hauser Storia sociale dell’arte
Storia dell’arte Einaudi 11
lare, che si tratti di pittura o di scultura, di poema o di
dramma, prevale sempre l’espansione sull’accentramento,
la coordinazione sulla subordinazione, la serie aperta
sulla chiusa forma geometrica. Le opere gotiche, o le
parti di esse, sono come tappe e momenti di una via che
ci porta a una visione per cosí dire panoramica della
realtà, quasi una rassegna, e non già un’immagine unilaterale,
coerente, dominata da un unico ed esclusivo
punto di vista. La pittura predilige la rappresentazione
ciclica, il dramma tende a mettere in scena tutti gli episodi
della vicenda e favorisce, anziché l’accentrarsi dell’azione
in pochi momenti critici, il succedersi delle
scene, dei personaggi e dei temi. Quel che conta nell’arte
gotica non è il punto di vista soggettivo, non la volontà
creatrice, che si afferma nel piegare decisamente a sé la
materia, ma proprio la ricchezza dei motivi che si trovano
dispersi nella realtà e di cui artista e pubblico non
arrivano mai a saziarsi. L’arte gotica conduce l’occhio da
un particolare all’altro e, come si è notato, lo porta a leggere
l’una dopo l’altra le parti della scena; l’arte del
Rinascimento, invece, non consente indugi sul particolare,
non lascia separare alcun elemento dal complesso
figurativo, obbliga
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